Persone

Sonia Spadaro Mulone

Nata ad Augusta, sulla costa ionica della Sicilia, e cresciuta con il sorriso tra gli aranceti di Lentini, ho visto l’Etna e le sue eruzioni dalla mia finestra sin da piccola. Appassionata di storia e archeologia e affascinata dai miti e dalle leggende del nostro vulcano, mi sono avvicinata al mondo del vino in una splendida sera di agosto a Taormina, casualmente e per amore. Ho cominciato quindi a seguire le vigne di famiglia e ad assistere ai processi di vinificazione. Dopo la laurea in Economia mi sono dedicata completamente alla mia passione diventando sommelier e immergendomi del tutto nello splendido mondo del vino, seguendo a tempo pieno SantaMariaLaNave di cui oggi sono amministratore unico e principale proprietaria.

Sposata con Riccardo, vivo e dedico ogni mia giornata ai miei vitigni autoctoni e ai miei vini, prendendomi cura di loro e raccontandone la bellezza nel mondo. Imparo dalle mie viti, che lontane dai rumori, seguono ancestrali leggi della natura, nel caldo torrido dell’estate siciliana o immerse nella neve dell’inverno etneo. Molte sono più alte di me, antichissime, fiere, lì da generazioni. A me tocca proteggerle e custodire questo patrimonio inestimabile consegnandolo alle future generazioni. E’ una gioia ed un onore farlo, ma anche un’immensa responsabilità.

La Famiglia: un antico amore per la vite

L’amore tra la famiglia e la vite è molto antico e risale al 1954, quando Giuseppe Mulone, detto Peppino, contadino gentiluomo di Regalbuto nella provincia di Enna, si trasferì con la famiglia a Catania, alla ricerca di condizioni di vita più agiate e stabili. Il suo primo lavoro fu proprio sull’Etna, dove Nonno Peppino si dedicò alle vendemmie a Zafferana. Fu affascinato dalla fertilità della terra vulcanica, dalla rigogliosità dei vigneti e dallo splendore dei grappoli. Il suo rapporto con la vigna e con l’Etna continuò per diversi anni, fino a quando l’unico figlio rimasto in Sicilia, “risparmiato” dai flussi migratori che svuotarono la Sicilia di molti infaticabili lavoratori, acquistò nel 1980 una proprietà sull’Etna nel comune di Viagrande.

Nella proprietà esisteva un piccolo e antico vigneto di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio. Peppino Mulone contribuì a curare per qualche anno quel vigneto con amore e passione, partecipando alle prime vendemmie e all’affascinante vinificazione con metodi artigianali.

Quella stessa passione e rispetto sono stati trasmessi con l’esempio, oltre che dai geni, alle generazioni future. Adesso le metodologie di vinificazione sono più moderne e sicure, ma la cura del vigneto, i movimenti attorno alle viti sono gli stessi.  La raccolta dei grappoli, oggi come un tempo, è manuale e condotta con la massima delicatezza, rispettando ogni acino, con la stessa umiltà e serenità di allora. Oggi, a distanza di tanti anni, SantaMariaLaNave si anima degli stessi valori ereditati dal buon esempio di Nonno Peppino, gli stessi valori di rispetto, passione e amore che un giorno verranno tramandati.

Enzo Calì: enologo autoctono

In SantaMariaLaNave intendiamo la vinificazione come un processo poco invasivo, che rispetti al massimo la natura del vitigno e le caratteristiche proprie dell’annata. Tale filosofia è perfettamente implementata dall’enologo Enzo Calì. Enzo, classe 1975, ha circa 20 vendemmie al suo attivo come enologo ed enotecnico, figlio di agricoltori, è stato in contatto viscerale con l’agricoltura dell’Etna fin dalla nascita.

E’ stato affascinato dalle vendemmie e dalla vinificazione sin da piccolo, e quest’attrazione magnetica l’ha da subito assorbito, guidandolo nella scelta del percorso di studi prima e poi della professione di enologo dei vini dell’Etna a cui avrebbe dedicato la vita.

Enzo ha collaborato con prestigiosi enologi e ricercatori, ha condotto svariati progetti di vinificazione sperimentale, prevalentemente sul Nerello Mascalese, e di spumantizzazione con metodo classico di uve autoctone dell’Etna. Enzo adora il Grecanico Dorato: “Il Grecanico Dorato è un’espressione creativa ed orgogliosa dell’Etna, presenta una complessità olfattiva con una fresca acidità ed una struttura minerale accentuata e profonda. I grappoli sanno di Etna e voglio che il carattere elegante del nostro vulcano sia dominante in ogni bicchiere”.

Inoltre, Enzo ha lavorato alla selezione di ceppi di lieviti autoctoni già da un decennio. Dalle sue mani sono passati alcuni vini tra i più premiati nel panorama etneo, ma lui continua ad applicare gli stessi ingredienti che sono alla base del successo dei suoi prodotti: lavoro duro, amore e totale rispetto per le uve e la loro storia.

Enzo dice sempre: “Cerco di trasmettere la mia esperienza e la mia passione ai vini che seguo, li reputo un successo solo quando nei colori, nei profumi e nei sapori si rispecchiano i vitigni, il territorio di origine e l’annata stessa. Io non cambio la natura, non l’assoggetto a processi cosmetici, la rispetto e faccio in modo che si respiri dai miei vini”. Siamo onorati che Enzo si prenda cura dei nostri vini.

Vincenzo Avellina: la cura dei vigneti

Le piante di vite, come tutti gli esseri viventi, hanno bisogno che la loro natura e il loro ambiente siano rispettatati al meglio per poter esprimere la loro piena vitalità. Per questo la conoscenza delle caratteristiche specifiche del territorio, del microclima e delle piante del posto è cruciale per produrre grappoli ricchi e sani.

La cura del nostro vigneto è affidata all’esperienza di Vincenzo Avellina, che conosciamo da oltre vent’anni. Nato e tuttora residente nella vicina Maletto, a pochi minuti di distanza dalle nostre piante, autoctono tanto quanto il nostro Grecanico Dorato. Vincenzo è da sempre stato a contatto con la Contrada Nave e con il Grecanico Dorato, ne conosce i cicli biologici e la reazione ai vari fenomeni climatici e alle diverse potature.

Figlio di Salvatore Avellina, detto il Mazzola, e noto a Maletto per la sua abilità nel ballo, Vincenzo partecipa alle prime vendemmie già da piccolissimo, in quanto il padre possedeva un piccolo terreno nella zona più alta della Contrada, dove crescevano circa 700 piante principalmente di Grecanico Dorato, che in certe zone dell’Etna ancora viene chiamato “Coda di Volpe” per la forma allungata e per la colorazione rosata. A quel tempo, il giorno della vendemmia, i Malettesi partivano dal loro paese con il mulo o con il cavallo, portandosi dietro tutta l’attrezzatura e la famiglia. L’uva veniva raccolta manualmente, esattamente come oggi, e posta in cestini di vimini detti panari, per poi confluire in ceste molto più grandi, sempre di vimini, dette cufini. Vincenzo porta ancora alcuni cufini nel corso delle nostre vendemmie ed abbiamo misurato che un cufino riesce a contenere l’equivalente di circa sei cassette oggi utilizzate in vendemmia, quindi anche oltre cento chilogrammi d’uva.

Così, circa 50 anni fa, il Mazzola partiva da Maletto in sella al suo mulo, carico dei panari, pieni all’andata delle provviste per la giornata, e di due cufini, uno per lato, che all’andata contenevano due bambini ogni cufino. La moglie del Mazzola, così come tutte le signore del tempo che aiutavano i loro mariti durante la vendemmia, si alternava in sella al mulo con il marito, per non appesantirlo eccessivamente, ma quando lo seguiva a piedi, si rendeva il percorso meno faticoso in salita facendosi tirare dal mulo, spesso legandosi una mano alla coda dell’animale (forse da qui il termine “accodarsi”). Vincenzo da piccolo condivideva il “passaggio” nel cufino con suo fratello. Al ritorno si portavano i grappoli in un piccolo palmento vicino e cominciava la torchiatura manuale con il torchio a martello, che richiedeva la forza di almeno quattro persone per essere utilizzato.

Quella era una giornata di duro lavoro, ma anche di festa per tutti! E’ splendido notare come nelle culture contadine i ricordi delle vendemmie rimangano indelebili a distanza di decenni e quasi ancora animati dalla gioia del momento. Anche oggi è lo stesso per le nostre vendemmie: giornate di duro lavoro e di tensione, ma di gioia e pieno contatto con la vigna e i suoi frutti.

Sono passati diversi decenni dalle prime vendemmie in Contrada Nave e in questi anni Vincenzo ha lavorato in alcune tra le migliori aziende vinicole siciliane, ma il suo profondo amore per la contrada rimane immutato. Così, anche se il bagaglio di tecnologie e conoscenze a nostra disposizione si è sicuramente ampliato, Vincenzo, supportato dalla moglie Maria e dai figli Salvatore e Antonino, cura il vigneto di SantaMariaLaNave rispettando le stesse regole e tradizioni che, oltre mezzo secolo fa, il Mazzola utilizzava per ottenere il meglio dalle sue piante di “Coda di Volpe”. Dice Vincenzo: “Quello che faccio in vigna lo facevano mio padre e mio nonno, e i grappoli hanno lo stesso sapore di un tempo”. Anche grazie a Vincenzo la vendemmia da noi è ancora un giorno di gioiosa festa!

Aurora Ursino: la positività di un agronomo etneo “verace”

Durante un periodo di studi trascorso in Scozia, Aurora scopre lo straordinario mondo della biochimica agraria e della genetica e, appassionandosi agli studi sulla biodiversità e alle tecniche agronomiche, nel 2000 consegue la laurea in scienze agrarie. Negli anni seguenti si approccia al settore vitivinicolo fornendo supporto ed assistenza tecnica a diverse aziende del settore. Contestualmente le viene conferito il ruolo di vice direttore tecnico nazionale di un Centro di Assistenza Agricola per conto del quale cura i rapporti con la pubblica amministrazione, in particolare con il Mipaaf, con Ismea e con l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Si occupa del supporto alle sedi dislocate sul territorio nazionale ed è relatore in diversi convegni sulla Politica Agricola Comunitaria.

Ma il richiamo alle origini è forte, così decide di tornare nella sua Sicilia per fornire consulenza e supporto alle aziende vitivinicole etnee mettendo a frutto l’esperienza maturata e tentando, nel contempo, di approfondire lo straordinario mondo della viticoltura e dell’enologia grazie alla collaborazione con diversi enologi e tecnici del comparto. Si appassiona ai vitigni autoctoni etnei, affascinata dalla loro resistenza e fierezza.

“L’incontro con Sonia, con la quale da subito abbiamo instaurato uno straordinario rapporto di collaborazione e stima reciproca, mi ha affascinata per il grande entusiasmo e per la sua passione e dedizione alla viticoltura estrema che emerge in modo inconfutabile nei suoi vini, che da lei prendono il carattere, l’intensità e la solarità”. Da quell’incontro Aurora dedica le sue energie e la sua forza positiva e ci supporta in tutte le complesse attività connesse alla viticoltura estrema praticata da SantaMariaLaNave, e principalmente nel delicato restauro dell’antico vigneto di Monte Ilice.

Aurora è una splendida compagna di sogni.

Don Alfio: la passione, la storia, il futuro

Don Alfio racconta che all’età di trent’anni voleva acquistare un piccolo vigneto. Girò “tutta l’Etna” ma quando arrivò a Monte Ilice si fermò, scavo con il suo piccone e vide che quella terra era una “terra d’oro, una terra perfetta”. Quel momento sancì il matrimonio tra Don Alfio e quell’antico vigneto, che curò con amore per oltre mezzo secolo. Don Alfio è un uomo splendido, sorridente e solare, un uomo buono. E’ piccolo di statura, ma riesce ad arrampicarsi lungo il fianco scosceso di Monte Ilice alla velocità di un ragazzino. Lui conosce ogni albero, ogni vite, molte le ha trovate già lì, “erano già antiche quando sono venuto” altre le ha piantate lui.

Lui ama quelle piante, le ha potate solo con la luna calante, “per non farle piangere”. Ha seguito gli insegnamenti appresi dagli anziani contadini quando lui era giovane, ed oggi tocca a lui spiegare per tramandare, cosa che fa con amore e passione. A lui la nostra promessa di curare quelle viti con lo stesso amore che lui donato per oltre mezzo secolo.