La Sicilia nei millenni ha attratto, e continua ad attrarre, persone di grande eterogeneità con obiettivi più disparati. Conquistatori alla ricerca di nuove terre da sottomettere al proprio controllo, artisti alla ricerca di stimoli intellettuali, viaggiatori da ogni parte del mondo, profughi alla ricerca di un posto senza bombe. Tutti hanno preso qualcosa dalla Sicilia, molti hanno lasciato qualcosa. La costa Est della Sicilia e l’Etna in particolare, sono state oggetto di grandissimo interesse sin dall’antichità. Molti popoli o viaggiatori hanno impiantato le loro coltivazioni, le loro piante, “contaminando” il fertile territorio etneo, che data la varietà dei suoli, delle altitudini, dei versanti, aveva un’altissima probabilità di riuscire ad accogliere e far fiorire rigogliose quasi tutte le nuove colture.
Nei secoli, nei millenni, l’Etna ha fatto sue queste colture, gli uomini etnei le hanno selezionate, le hanno allevate nei posti più vocati, le hanno tramandate. Un lavoro straordinario, un patrimonio purtroppo oggi in parte perso. Per quanto riguarda i vitigni autoctoni, l’Etna oggi conta oltre 40 varietà locali, alcune quasi estinte. Questo patrimonio è arrivato a noi grazie all’usanza dei vecchi viticoltori di evitare la monocoltura. Gli antichi vigneti tradizionali etnei sono una comunità di cloni autoctoni diversi, che gli antichi viticoltori portavano da vigneti più o meno limitrofi, quando vedevano che i risultati erano di alta qualità. Questo ha consentito di preservare fino ad oggi un patrimonio straordinario di biodiversità. E anche se i vitigni prevalenti sono il Nerello Mascalese, il Nerello Cappuccio, il Carricante e il Catarratto, nei vigneti più antichi si possono trovare ancora splendidi esemplari di affascinanti varietà autoctone.