Albanello

Albanello, il leggendario vitigno scomparso

In perfetto equilibrio tra realtà e finzione, P. Gherardini, ne Il Corriere Vinicolo n. 43 del 27/10/58, nell’articolo Vini da Leggenda, per risalire all’origine dell’Albanello, fa riferimento ad un’antica fiaba, e così scrive: “L’Albanello di Comiso nacque sul fiorire dell’alba, per rallegrare la partenza di un crociato, poiché i familiari non potevano fare alcun brindisi in quanto poveri e privi di vino”.

Noto ai più come “il leggendario vitigno scomparso”, in realtà l’Albanello è quasi del tutto estinto, ma lo si trova ancora in zone del siracusano e del catanese, come in Contrada Nave, splendido sito tra Bronte e Maletto in provincia di Catania, dove il terreno lussureggiante e vulcanico ha permesso ai cloni di Albanello un incoraggiante sviluppo, dando così il via a nuovi “esperimenti” di impianto. Nel nostro vigneto abbiamo riservato un piccolo lotto a circa 500 viti di Albanello, impiantate dopo una lunghissima selezione massale da vecchi vitigni del posto.

L’affascinante alone di mistero che circonda l’origine di questo vitigno a bacca bianca, morfologicamente simile al Grecanico Bianco e imparentato con l’Albaranzeuli bianco sardo e con l’Elbling della Mosella, nonché la sua non comune resistenza agli agenti parassitari, hanno reso interessante un suo graduale processo di recupero da parte di alcuni viticoltori intrepidi e puristi.

Un po’ di storia sull’Albanello

Il primo produttore di Albanello di cui abbiamo notizia, fu la nobile famiglia Landolina, che iniziò la vendemmia e i processi di vinificazione con la famiglia Grillo, nel 1712. Si tratta dunque di un vitigno importante, il cui pregio ha destato l’interesse di vari autori sin dal ‘700, periodo in cui era diffuso solamente nelle terre tra Siracusa e Ragusa.  Già all’epoca era difficile da trovare e particolarmente costoso, e prevalentemente utilizzato per la produzione di vini liquorosi.

Il Rovasenda lo descrive così: “Albanello di Siracusa, uno dei migliori vini liquorosi da me assaggiati era fatto con quest’uva”. Anche il famoso enologo, Giovanni Briosi, nel 1879 scriveva a proposito di questo vitigno: “l’Albanello non è molto noto in commercio, specialmente all’estero, e pure si potrebbe con esso ricavare il migliore vino asciutto di tutta la Sicilia.

Ma è solo agli inizi del secolo scorso che il grande archeologo Paolo Orsi (a cui è dedicato il museo archeologico di Siracusa), conducendo scavi presso le necropoli di Cozzo Pantano, portò alla luce alcuni reperti, tra cui un vaso potorio del 1500 A.C. che, secondo lo stesso Orsi, testimoniava la coltivazione di vitigni a bacca bianca, della varietà Albanello, in queste aree della Sicilia che facevano parte della Magna Grecia. L’Albanello rappresenta dunque uno dei vitigni storici delle zone di Siracusa, nonché un’alta qualità di vitigno.

Le qualità del vitigno Albanello

I vini, sia secchi che passiti, ottenuti dall’Albanello, sono stati elogiati persino dai famosi Viala e Vermorel (1909). Nel 1960, il più grande critico di vini Italiani, Luigi Veronelli, ha scritto che i vini realizzati mediante Albanello hanno un’eccellente gradazione alcolica (fino al 19%), ma sono molto costosi.

Altro produttore di lunga data fu la Cantina Aretusa, e fino al 1950 l’Albanello era ancora regolarmente imbottigliato dalla Cantina Sperimentale di Noto, tanto che Corrado Montoneri, il direttore della suddetta cantina, in occasione dell’inaugurazione della Cantina Sociale Cooperativa di Vittoria nel 1905, scriveva: “… e bianchi principalmente, come l’ Albanello della R. Cantina di Noto, ch’ è già̀ conosciuto ed apprezzato, che si può̀ ricavare agevolmente dall’ uva omonima, esclusività della plaga, e che sarà̀ ben accetto in più̀ posti… Albanello ch’ è l’orgoglio del mio Istituto”.

A seguito della catastrofica diffusione della fillossera la quasi totalità dei vigneti Europei furono distrutti, e i viticoltori furono travolti dal panico più totale. Fu così che… a cavallo tra la fine del XIX e l’alba del secolo scorso, nonostante lo smarrimento iniziale, si pensò di cominciare a reimpiantarlo nella zona sud-orientale della Sicilia. Ma dal 1970 si è avviato un processo di coltivazione e vinificazione anche in provincia di Caltanissetta e di Catania, dove la sua presenza, dovuta a processi di clonazione di vitigni autoctoni, ha dato vita a un vino dalla particolare sfumatura aromatica, caratterizzato da profumi intensi che sfumano in un finale ammandorlato davvero invitante. Merito di un territorio vulcanico che fa la differenza e che riesce a conferire al vitigni fascino e ricchezza ineguagliabili. L’Albanello risulta essere particolarmente apprezzato, sia nella sua versione acida, raccolto prima della completa maturazione, che nella sua versione più dolce, appassito sulla pianta, o per almeno otto giorni sui graticci.

Riconoscimenti sinceri sui vini a base di Albanello

Vari nomi illustri hanno scritto, o semplicemente parlato, dei vini ottenuti da questo vitigno grandioso e misterioso che, pur essendo sconosciuto ai più, una volta degustato lascia assolutamente incantati. Tra questi come non menzionare il grande giornalista siciliano Giuseppe Coria, autore di “Grandi Vini di Sicilia” e “Profumi di Sicilia” e il famoso regista Mario Soldati, entrambi conoscitori di vitigni autoctoni e della tradizione gastronomica e vinicola della Sicilia.

Coria, degustando un Albanello del ’46, lo descrive accuratamente: “L’Albanello si produce con uve dell’omonimo vitigno, le quali sono fatte maturare lungamente al sole, tagliando financo le foglie ombrose per catturarne tutti i raggi. La vinificazione è particolare: la prima fermentazione è bloccata; successivamente è fatta riprendere, ma molto lentamente. Il colore è ambrato cupo, con trasparenze dorate. Profumo caratteristico di vino molto invecchiato, etereo, con bouquet compiuto e maestoso. Sapore appena dolce, con venature non dolci; caldo vellutato, generoso, più̀ che armonico. Tenore alcolico 19% naturali”.

..e dice di trovarsi davanti ad uno dei vini bianchi più longevi, con addirittura capacità d’invecchiamento fino a 100 anni! A dir poco sorprendente. Mario Soldati, invece, lo definisce come un vero e proprio “Asso”, tra i principali tipi di vitigni siciliani più apprezzati. Qualche decennio fa, è stata proposta una DOC per il vino Albanello, ma è stata rifiutata, molto probabilmente a causa di una sua produttività limitata. Nonostante questo però, l’Albanello rientra tra gli IGT.

La descrizione ampelografica del vitigno Albanello

I caratteri morfologici dell’Albanello ci permettono di descriverlo come una pianta che ha una vigoria media con una foglia medio-grande, il grappolo invece ha dimensioni medie, corto cilindrico o conico, con una o due ali corte, medio compatto, leggermente spargolo. Mentre l’acino è medio sferoidale o ovoidale, con ombelico evidente e buccia mediamente pruinosa, spessa e consistente, di colore giallo chiaro tendente al verde, dorata se esposta al sole e dal sapore caratteristico dolce. La produzione della pianta è regolare e giunge a maturazione in genere attorno alla metà di settembre.

Generalmente l’Albanello, viene vinificato insieme ad altre uve e il vino che ne deriva è particolarmente fine, di colore giallo paglierino carico, dotato di ricco corredo aromatico e buona struttura gustativa. Anche se non è un vitigno aromatico, l’Albanello tende a sviluppare note floreali e austere molto complesse con il passare degli anni. Permette di produrre così un vino che incuriosisce, un diverso, che fa la differenza e che, con il passare del tempo, non solo migliora, ma dona a chi ha il privilegio di degustarlo un bouquet di profumi e sapori delicato ma intenso, difficile da dimenticare. Nonostante, quindi, la storia dell’Albanello si sia persa tra la polvere del tempo, se si esclude qualche piccola produzione locale, oggi finalmente alcuni appassionati, produttori stanno facendo grandi sforzi per riportarlo al suo antico splendore e far conoscere questo vitigno bianco straordinario al mondo intero, riproponendolo in un mercato sempre più esigente e attento a ciò che beve.