
La terra ricorda tutto, per questo bisogna amarla, considerandola vivente, e lei restituirà questo amore.
Un tempo sull’Etna la coltivazione della vite e la produzione di vino era l’attività prevalente. Gli antichi contadini hanno selezionato le viti migliori, conquistando anche i terreni lavici più complessi e in forte pendenza, “spietrando” e costruendo muretti a secco e terrazze per superare le difficoltà imposte dal vulcano e coltivare lì dove il terreno era più fertile.
Poi la storia è cambiata, lasciando spazio alle più redditizie arance, a cereali, a frutteti. Da qualche decennio siamo ritornati indietro, consci che le scelte dei vecchi contadini erano sempre le più appropriate. Oggi però esistono nuove tecniche sia di gestione della vigna che in cantina e quello che è rimasto della vecchia cultura contadina dell’Etna, rischia di sbiadire, come le foto delle splendide giornate di vendemmia di cento anni fa.
Eppure l’Etna è piena di ricordi, vecchi palmenti, viti centenarie di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Grecanico Dorato, Carricante, Albanello, Minnella e tante altre varietà autoctone che hanno visto generazioni cambiare, boom e crisi economiche, guerre, che hanno resistito orgogliose alla fillossera e ai contributi per l’espianto.
Molti degli appassionati vignaiuoli e wine maker dell’Etna stanno valorizzando quello che trovano nelle loro terre, ristrutturano i palmenti, le chiesette, proteggono le viti prefillossera, facendo soltanto quello che i vecchi contadini hanno fatto per tutta la vita.
Nel nostro piccolo, anche la nostra azienda è nata per preservare la storia della vigna dell’Etna e valorizzarne la sua memoria. Ed anche oggi, a distanza di 11 anni, curiamo alcune viti abbandonate, madri delle nostre, con il solo scopo di custodirle.
Il contadino, vecchio proprietario di uno dei lotti dove oggi si trova il nostro vigneto di Grecanico Dorato e di Albanello, andando via, ha lasciato tutti gli attrezzi che lo hanno accompagnato per decenni nelle giornate di lavoro in Contrada Nave. Sono attrezzi che parlano da soli, sono parte inscindibile del terroir della viticultura dell’Etna. Raccontano movimenti faticosi attorno alle piante, di giornate trascorse chinati a lavorare, sotto il caldo sole siciliano, nella neve dell’Etna. Raccontano le paure, le ansie, le soddisfazioni o delusioni per il raccolto.
Oggi nella nostra proprietà ci sono molti alberi che sono stati piantati da quel contadino e che fieri continuano a dare i loro frutti. E vedendoli e conoscendo la storia del posto, non si può non pensare a quando quel contadino ha piantato i piccoli alberelli, sperando un giorno di mangiarne i frutti, non si può non pensare alle soddisfazioni dei primi raccolti, condivisi con la famiglia.
Gli scarponi delle foto qui riportate, appartenevano a quel contadino. Li usava per lavorare la terra. Erano resistenti, pesanti e gli avrebbero consentito di non sporcare le sue scarpe. Li ha lasciati lì andando via, come per chiudere un capitolo alle sue spalle, e noi li abbiamo conservati. Accanto agli scarponi ha lasciato due pettini e una candela.
I suoi passi non lasciano più tracce sulla nostra terra, ma spesso immagino questo contadino nel momento di prepararsi per tornare a casa dopo una giornata di lavoro sulla terra, lavarsi con l’acqua piovana tirata su dal pozzo con un secchio, cambiarsi, pettinarsi, e andare via al tramonto con un cestino pieno di splendidi frutti, che avrebbe condiviso felice con la sua amata.
Lui aveva rispettato la terra e la terra lo aveva ringraziato.
Nota: Le foto sono di GianLuca Scardamaglia, fotografo di moda, still-life, museale e di pubblicità.
Avendo conosciuto GianLuca possiamo dire che è un fotografo estremamente competente e professionale, vede ogni foto come un figlio, per questo da’ il massimo ad ogni scatto. In un messaggio ci ha scritto: “Se scrivere con la luce è il significato letterale del termine fotografia, attribuisco da sempre a questo concetto un significato più magico, così come sono profondamente convinto che la magia della fotografia sia qualcosa di impalpabile che si accompagna alla sua tecnica fin dalle sue origini”.
Grazie GianLuca per i bellissimi scatti!
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